i foraminiferi

venerdì 10 marzo 2017

La cellula per la I media

La parte iniziale scritta in corsivo mi è servita per attirare l'attenzione dei ragazzi: vi si parla di un esperienza che, almeno una parte di loro, hanno vissuto e quindi si sono immedesimati in Antonio. Devo dire che ha funzionato.  Con disegni improvvisati alla lavagna (bruttissimi, non so disegnare, ma credo comunque utili) ho accompagnato la descrizione della cellula-città. Infine ho mostrato cellule al microscopio: fili d'erba, ali di mosche, cellule del cavo orale colorate col blu di metilene e perfino sangue.
L'attenzione e la curiosità dei ragazzi sono state sempre vive.





        Antonio è un bel bambino di 8 anni, vivace, robusto e appassionato di calcio. Quel giorno era molto contento perché il “Mister”  lo aveva finalmente inserito come titolare nella squadra di pulcini in cui si allenava da tempo. Avrebbe così potuto disputare partite vere, con veri avversari, non solo quelle di allenamento con i compagni di squadra. Il mister gli aveva anche dato un foglio da consegnare alla mamma in cui erano elencati i documenti necessari per iscriversi alla federazione giovanile calcio. La mamma fu molto contenta per lui e disse, dopo aver letto il foglio, che per l’iscrizione lo doveva accompagnare dal medico per un certificato che attestasse la sua buona salute ma anche al distretto sanitario per un prelievo di sangue. La parola : PRELIEVO gelò Antonio. Capite!!!: un prelievo di sangue, cioè una puntura in una vena con un siringone gigante? Brr..che paura!
Come potete immaginare,la contentezza di Antonio diminuì immediatamente. Però si finse tranquillo fino all’ora di andare a dormire: non voleva farsi vedere pauroso dai fratelli più grandi che l’avrebbero senz’altro preso in giro.
Ma, una volta a letto, di dormire non se ne parlava: appena chiudeva gli occhi vedeva siringhe che si muovevano da sole, vampiri che aspettavano il suo sangue……Come rimediare?
Che cosa può consolare un bambino spaventato? Ma certo! Qualcosa di dolce, di mooolto dolce.
Così Antonio, cercando di non far rumore, si alzò, andò in cucina, aprì la scatola dei suoi biscotti preferiti (quelli tutti ricoperti di cioccolato) e se li mangiò quasi tutti. Si sentì subito un po’ più tranquillo ma, per essere più sicuro in caso la paura fosse tornata, prese anche una bella manciata di caramelle. Succhiandole una ad una finalmente si addormentò.
La mattina dopo la mamma lo svegliò presto: sperava di poter fare il prelievo in tempo per l’ora della scuola. Antonio tutto insonnolito la seguì docilmente. Quel giorno, stranamente, al distretto c’era poca gente e si sbrigarono subito. L’infermiera dei prelievi era giovane, scherzò con lui e fu così brava che il bambino quasi non si accorse della puntura. Era stato tutto molto più semplice di quanto temuto!
Naturalmente questo non gli impedì di fare un po’ l’eroe a scuola mostrando a tutti i compagni il cerotto che l’infermiera, per pura precauzione, gli aveva messo.
Quando la mamma lo venne a prendere all’uscita dalla scuola gli sembrò più seria del solito, come se fosse preoccupata. Più tardi gli disse che avevano telefonato dal  distretto sanitario perché volevano ripetere le sue analisi. Quindi la mattina dopo dovevano tornare là. Antonio non si preoccupò perché ormai non aveva più paura e la notte dormì tranquillo.
Per fortuna la maggior parte delle nostre cellule continuano a lavorare anche quando dormiamo. Così mentre Antonio dormiva le cellule del suo pancreas erano in piena attività. Perché mi riferisco in particolare alle cellule del pancreas? Perché il problema apparso nelle analisi del sangue di Antonio del giorno prima era,come potete immaginare, una quantità eccessiva di zucchero. Lo zucchero deve essere presente nel sangue ma entro limiti precisi: zucchero in eccesso potrebbe indicare una grave malattia che si chiama diabete. Per questo la mamma di Antonio era preoccupata. Nelle persone sane, quando i limiti di zucchero nel sangue vengono superati (per esempio per aver mangiato troppi dolci), una parte delle cellule del pancreas producono una sostanza che si chiama insulina in grado di neutralizzare lo zucchero in eccesso. In caso di diabete invece questa sostanza non viene prodotta.
Ma come fanno le cellule del pancreas a sapere quando e quanta insulina produrre?


                             Come lavorano le nostre cellule 

Per capirne il  funzionamento proviamo a pensare ad ogni cellula come una città: come una città che deve ricevere dall’esterno le materie prime per le sue attività ( ad esempio non ci sono campi coltivati o stalle in città e quindi gli alimenti devono essere importati) ma che poi ha al suo interno tutti i servizi necessari per la trasformazione delle materie prime, il loro trasporto e la loro distribuzione. 
Come tutte le cellule del nostro corpo, le cellule del pancreas sono a diretto contatto con capillari dove scorre il sangue: è dal sangue che ricevono l’ossigeno e le sostanze necessarie per le loro attività. Come tutte le cellule inoltre sono circondate da una membrana  che rappresenta le mura (come quelle delle città antiche) anche se nella membrana cellulare non ci sono porte. Ci sono però, sia all’esterno che all’interno della membrana molte“sentinelle” che si chiamano recettori. Queste sentinelle sono in grado di riconoscere le molecole che cercano di entrare o uscire e di decidere se aprire degli appositi varchi o no. Queste sentinelle possono anche cogliere i cambiamenti che avvengono all’esterno della cellula e avvertire chi di dovere all’interno.
Così i recettori esterni delle cellule del pancreas di Antonio capiscono che c’è troppo zucchero nel sangue ed inviano un messaggio ai recettori interni. Questi, una volta ricevuto il messaggio, inviano dei messaggeri che corrono attraverso il citoplasma (così si chiama l’interno della cellula che essendo semiliquido permette lo spostamento veloce delle molecole) per portarlo al Capo.  Il Capo sta sempre racchiuso nel suo palazzo, cioè nel nucleo della cellula. Anche il nucleo è circondato da membrana ma qui le porte ci sono; si chiamano pori e sveltiscono i passaggi da fuori a dentro il nucleo e viceversa.  Ma chi è il capo della cellula, quello che prende le decisioni?  

Ha un nome difficile: si chiama acido desossiribonucleico ma tutti lo chiamano semplicemente DNA

 Si tratta di una molecola complessa che si presenta come un doppio lunghissimo filamento, strettamente avvolto su sé stesso, su cui sono scritte (in codice, il cosiddetto codice genetico) le formule di tutte le proteine che la cellula sa produrre. In base ai messaggi ricevuti il DNA si srotola e riarrotola fino ad esporre la formula necessaria in quel momento, in questo caso quella dell’insulina. Accorre allora il suo fido aiutante e cioè l’acido ribonucleico (RNA) messaggero che copia la formula e si affretta a portarla fuori dal nucleo fino alle fabbriche (per questo si chiama messaggero). Le fabbriche, che si chiamano ribosomi, sono piccole, tondeggianti e molte di loro devono collaborare per produrre una molecola lunga come l’insulina. L’RNA messaggero si distende tra i vari ribosomi necessari e, al microscopio elettronico, appare come un filo in cui sono infilate delle perle.
 Per costruire l’insulina o qualsiasi altra proteina ci vogliono i mattoni giusti. Vari mattoni, che si chiamano amminoacidi e sono derivati dalle sostanze nutritive importate dal sangue, si trovano sparsi in giro per la città, cioè volevo dire in giro per il citoplasma. Gli RNA trasportatori sono i fattorini incaricati di andarli a cercare e di portarli alle fabbriche. Ognuno di loro è specializzato per un certo amminoacido. Del resto gli amminoacidi sono solo 20: è la loro diversa combinazione che permette la formazione di un numero pressoché infinito di proteine diverse. Tanto per semplificare facciamo finta che le lettere dell’alfabeto che compongono la parola INSULINA siano i mattoni che servono per produrla: ci sarà allora un RNA trasportatore per la I, uno per la N, uno per la S e così via. Quando i vari RNA trasportatori arrivano alle fabbriche, ciascuno con il suo carico, non devono far altro che depositarlo nel punto indicato dall’RNA messaggero. Così ad esempio il trasportatore della U andrà in quarta posizione, quello della N al penultimo posto e quello della A all’ultimo. A questo punto i vari amminoacidi si trovano ben disposti nel giusto ordine. Ma la storia non è finita: ora ci vuole dell’energia per formare legami stabili fra di loro in modo da ottenere una sola grande molecola.
 Nelle cellule, come nelle città del resto, ci sono anche delle centrali energetiche. 
Si chiamano mitocondri. Sono centrali di riciclaggio: con l’aiuto dell’ossigeno importato dal sangue, trasformano in energia i prodotti finali di tutte le reazioni che avvengono nella cellula. Ma l’energia, una volta prodotta,  deve essere in qualche modo trasportata in qualsiasi parte della cellula in cui sia richiesta. Non ci sono nella cellula tralicci, cavi e fili! Così il trasporto avviene grazie a potenti “batterie” che vengono caricate all’interno dei mitocondri e possono poi uscirne e spostarsi nel citoplasma. Naturalmente anche in questo caso  la “batteria” è in realtà una molecola dal nome ancora una volta molto difficile: adenosintrifosfato, ma per gli amici basta ATP. E’ grazie al tempestivo arrivo dell’ATP che si può cosi ultimare la formazione dell’insulina. L’ATP (diventata ADP) torna poi nei mitocondri per ricaricarsi. 
Adesso l’insulina deve essere trasportata nei pressi della membrana per essere poi riversata fuori. Come avviene il trasporto? Nella cellula c’è anche un sistema di canali e laghetti, all’interno dei quali viene riversata l’insulina o qualsiasi altra  proteina prodotta dai ribosomi. Questi canali, circondati anche loro da membrana in modo che il loro contenuto non si mescoli con il resto del citoplasma, costituiscono una rete di comunicazione (infatti si chiamano nel loro complesso reticolo) come le strade in una città, che arriva fino alla membrana esterna.  Nel caso di molecole complesse il primo prodotto può fare una sosta nel “Golgi” laboratorio cellulare (così chiamato in onore dello scienziato che lo ha scoperto) in cui i diversi componenti vengono assemblati. L’insulina comunque è una proteina semplice e viaggia direttamente verso la membrana. Qui i recettori esterni ed interni (le sentinelle di cui abbiamo parlato prima, ricordate?) riconoscono l’insulina e aprono i varchi per farla uscire. I recettori delle cellule della parete del  capillare sanguigno più vicino, al contrario, aprono i varchi per farla entrare. 
E una volta che l’insulina è nel sangue: zucchero in eccesso sei fritto!
Quando il livello dello zucchero è tornato ad un valore normale le cellule del pancreas si rilassano un po’e mantengono la loro produzione ad un livello di mantenimento.

Non c’è bisogno di essere indovini per conoscere la fine della nostra storia. Le nuove analisi di Antonio saranno perfette visto che le sue cellule del pancreas hanno avuto tutto il tempo di sistemare le cose. Così non era stato nelle prime analisi perché, se vi ricordate, Antonio aveva ingurgitato dolci per tutta la notte e le cellule del pancreas non avevano avuto il tempo di produrre abbastanza insulina per neutralizzarlo. E’ per questo che quando si va a fare il prelievo per l'analisi del sangue non bisogna neanche fare colazione! 


martedì 7 marzo 2017

Simbiosi ed evoluzione: visione dell'evoluzione al femminile?

·        Questo post è dedicato a Lynn Margulis e a tutte le donne che si occupano di scienza e devono farsi largo in un ambiente ancora abbastanza maschilista.                       


////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////





            Nel 1970 uscì il libro “Origin of Eukariotic cell” (Origine della cellula eucariotica) in cui, l’allora giovanissima scienziata americana Lynn Margulis, proponeva un modello di evoluzione basato non tanto sulla competizione, sulla lotta per la sopravvivenza come il neodarwinismo in auge a quel tempo affermava, ma sulla cooperazione. 
Secondo questo modello una delle maggiori forze dell’evoluzione sarebbe la simbiosi:  gli esseri viventi acquisirebbero cioè nuove funzioni, non solo in maniera graduale attraverso le mutazioni, ma più rapidamente attraverso l’interazione di organismi che appartengono a specie diverse .  

 L'autrice affermava:

The life did not take over the Globe by combat, but by networking" (la vita non conquistò la Terra attraverso la lotta, ma attraverso la cooperazione”) 

·                                 Questo libro fu accolto con la tipica, più o meno bonaria condiscendenza di un mondo quasi esclusivamente maschile (quello scientifico) verso le idee di una donna.

·                                 La evoluzione vista al femminile, ah! ah!” 

Si sono dovuti ricredere.....



Lynn Margulis con me e i miei studenti nell'aula Magna dell'Università di Pisa in occasione del conferimento della laurea ad Honorem nel 2010. Nel 2011 è morta all'improvviso ancora in piena attività. 


·                                  Adesso, dopo quasi 50 anni, si è capito che Lynn Margulis aveva ragione ed è ormai riconosciuto da tutti il ruolo determinante della simbiosi in eventi estremamente significativi della storia della vita sulla Terra come ad esempio nell’origine della cellula eucariotica

Tale cellula, comparsa 1,5 miliardi di anni fa, ha una struttura complessa, ha il DNA racchiuso in nucleo (eu= buono; carion: nucleo dal greco antico) e altri organuli circondati da membrana e, ancora adesso, si ritrova con la stessa struttura in tutte le forme viventi uni e pluricellulari (noi umani compresi) definite appunto eucarioti.  Quando la cellula eucariotica è comparsa, la vita sulla terra, fino ad allora rappresentata solo da organismi procariotici (cellula semplice, senza nucleo e organelli membranosi) tutti unicellulari, attraversava un brutto periodo. Nell’atmosfera, probabilmente a causa della fotosintesi svolta da molti di questi organismi, era aumentato l’ossigeno, gas velenoso per i viventi di allora. Come ho descritto più in dettaglio nel post “Il primo inquinamento”, la maggior parte delle specie si estinsero. Alcune specie però impararono a respirare ossigeno e altre, forse più grandi, le inglobarono e instaurarono con queste, un rapporto di simbiosi con uno scambio reciproco di favori: la cellula più grande avrebbe fornito biomolecole e sali minerali, mentre le cellule incorporate avrebbero fornito energia.  Sarebbero originati così i mitocondri, gli organuli in cui avviene la respirazione cellulare con conseguente produzione di energia. Nello stesso modo, incorporando procarioti fotosintetici, la cellula eucariotica avrebbe acquistato i cloroplasti cioè gli organuli che, nelle cellule vegetali. contengono la clorofilla.  Secondo alcuni perfino il nucleo avrebbe origine simbiotica ma questa idea non è condivisa da tutti. Molti autori, come quelli da cui ho preso la seguente immagine,  invece pensano più ad una origine interna del nucleo. Il nucleo cioè si sarebbe formato prima dell'acquisizione dei simbionti.
·                                 

                     
//////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////
Altro tipo di collaborazione è quello che ha portato ad un altro passaggio fondamentale per la vita sul nostro pianeta cioè: 

l’origine di organismi pluricellulari .  

Sul come questo sia avvenuto gli scienziati non sono ancora d’accordo. Comunque in questo caso si tratta di organismi della stessa specie che si uniscono, quindi non è del tutto esatto parlare di simbiosi, ma di

 cooperazione si!!


·                                 Un organismo pluricellulare non è una semplice aggregazione di cellule della stessa specie come ad esempio una colonia di batteri o protisti, ma una struttura organizzata in cui le singole unità comunicano tra loro e si dividono i compiti!!!
Si raggiungono così funzionalità di più alto livello in cui le varie cellule svolgono funzioni diverse ma complementari e coordinate.
 Così, mentre un organismo unicellulare deve svolgere tutte le funzioni vitali con la sua unica cellula (vedi il post protisti cellule-organismo), un organismo pluricellulare ha la possibilità di far svolgere le varie attività fisiologiche e metaboliche a cellule predisposte e specializzate a compiere solo una ben determinata mansione, con conseguente maggior efficienza e risparmio energetico. Ne consegue anche una maggiore flessibilità e adattabilità all’ambiente e quindi maggiore variabilità! 

Forme primordiali di organismi pluricellulari
/////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////



Un altro esempio di simbiosi che ha avuto un ruolo chiave in un evento evolutivo fondamentale è costituito dalle micorrize.
Si chiama micorriza  un’associazione tra un fungo ed una pianta,   Questa associazione, che si è originata più di 400 milioni di anni, fa viene considerata un evento chiave per l’ adattamento delle piante alla colonizzazione delle terre emerse. 
     Non ci vuole un grande intuito per capire che solo in seguito a questo evento anche gli animali si sono avventurati nell’ambiente terrestre!
Questa simbiosi è diffusissima ancora adesso: pensate che quasi il 90% delle piante oggi esistenti non possiede radici, ma MICORRIZE:!

 Come si spiega il successo di questa collaborazione? Beh, il fungo riceve dalla pianta tutto quello che gli serve in cambio le conferisce: 

1) Maggiore efficienza nell’assorbimento del fosforo dal terreno
2) Maggiore assorbimento e selettività nell’assorbimento di    microelementi.
3) Maggiore capacità di suzione dell’acqua dal suolo.
4) Maggiore tolleranza ai patogeni e parassiti sia della parte aerea che di quella radicale.
5) Maggiore resistenza a stress come alte temperature, stress idrici e salini, acidità del terreno e  metalli pesanti.
                            Vi basta????

In questa simbiosi, relativamente recente rispetto alle altre due di cui abbiamo parlato prima, i due partners restano ancora distinti come organismi diversi. Possiamo facilmente riconoscerli a volte anche quando reinvasiamo le nostre piante da balcone o da orto.




I sottili filamenti bianchi sono le ife fungine

Inoltre i funghi delle micorrize possono estendere le loro ife per larghissimi spazi formando sotto terra una sorta di reticolo che connette e in qualche modo fa comunicare diverse piante tra loro.
Come si legge nella copertina del nostro libro “Simbiosi ed evoluzione":

Le fronde degli alberi,gli arbusti, i
funghi, l’erba , la varietà dei fiori
che osserviamo passeggiando in un
bosco sono solo la parte visibile di
un sistema sotterraneo complesso,
che connette in un’unica rete la
maggior parte delle specie vegetali
presenti.

Che ne dite ha fatto bene Lynn Margulis ad insistere  sull’importanza della cooperazione nell’evoluzione in generale ed anche per singole specie come ho già illustrato nel post “insieme si può” ?

sabato 4 febbraio 2017

Symbiosis and evolution: together we can!!!

Not always biological evolution is thrown by competition: in many cases it is based on  cooperation. This statement is not in contrast with Darwin theory, but in some way represents an integration to it.

Indeed the evolution of a species consists often in getting out from competition by the adaptation to a particular diet or to hard environments. Symbiosis in many cases is the key for these adaptations. In other words: together become possible what alone is impossible.
Do you want examples? Here they are.
In the following picture you can see an aphid, a plant louse, a little insect that often infest our plants, especially the youngest ones. Aphids bother us but, from a naturalistic point of view they are  phenomenal: during evolution they managed to  get a food very abundant in nature but not used by other animals.  So they do not have competitors!! This food is the sap of vascular plants.






Why this natural resource is little used as food? Because it contains only sugars, not proteins.
So, as the majority of animals are not able to synthesize all aminoacids (the little molecules by which proteins are composed), a diet lacking proteins is not sufficient for their survival.
Then, in which way solved aphids the problem?
They harbour a vertically transmitted (from parent to its offspring) obligate bacterial symbiont named Buchnera which is located inside specialised cells. The original contamination with this bacterium occurred in a common ancestor 280 to 180 milions years ago and has enabled aphids to exploit a new ecological niche sap feeding.  The symbiont provides its host with essential amino acids, which are absent or present in low concentrations in plant sap,
In return Aphids protect their symbionts and provide them with substances useful for their metabolism. This symbiotic relation is now obligate: the two organisms are not able to survive one without the other! Buchnera even transferred a great part of its genome in the host genome  and probably uses nutrient supplies from the aphid host. 

Sometimes a symbiosis leads to another.

 On the plants infested by aphids often there are ants. Do you know why?

The two insect species are engaged in a mutualistic symbiosis: ants farm aphids, protecting them on the plants they eat, eating the highly nutritious  and sweet honeydew aphid release from the terminations of their alimentary canals ( in other words they eat aphid poo-poo). In return, the ants tenderly look after and protect them from predators. By stroking the back of some aphids with their antennae, the ants can induce a honeydew droplet. The ants may move the insects to areas on the plants with the best sap. When it rains they may move them to sheltered places, even sometimes into their own nests.  


Another specialized diet certainly is wood: 

an organic material very abundant in nature that, however,  cannot be digested by the majority of animals.  Anyway, a few species acquired, during evolution, this capability. Amomg them Termites deserve particolar mention. They represent an order (isoptera) of xilophagous insects known for their complex social organization but also for the damages they cause in human settlements. Consider that the termite damages in USA are calculated around one billion dollars every year. On the other hand termites have a relevant ecological role as they eat  almost one third of plant production every year.





But how did termites succeed  in digesting wood?

They host symbionts  which assist in the breakdown of cellulose in their digestive apparatus. 
It is very complex symbiotic community consisting of prokaryotic and eukaryotic microorganisms in turn often associated in symbiotic relationshipsamong them.  For example the giant flagellatum Mixotricha paradoxa (about 500 micrometers long) harbors on its membrane at least three different types of spirochetes. These filiform bacteria form a sort of fringe on the host surface, and beating all together allow the sleeping of their host among the cells of  the termite gut.






                                         Mixotricha paradoxa and its spiochetes 
                                                seen at SEM (scanning electron microscope)

Termites are not the only animals in which edosymbionts are  essential for a good digestion. The situation in all herbivorous is similar to that in termites. Even we, human beings, host the so called intestinal flora i.e. a   complex community of microorganisms in our intestinal apparatus. 


Do you want exempla of extreme habitats colonization?

Here is the first one:

Eucaryotic cell metabolism (that is the sum of chemical processes that take place within the cell itself) is based on oxygen. 
On the other hand there are on the earth a lot of  wide an diversified anaerobic environments. For example the deepest layers of marine an fresh water sediments. Moreover in fresh water habitats oxygen may be lacking even in the deep water column, at least in some seasons. But these environments harbour abundant and diversified life forms. Indeed many prokaryotes do not need oxygen and find there their perfect habitat. Consider that sediments contain the organic material produced by all the organisms living in the overlooking water: poo-poo and pee, secretions and corps. It is a sheer bliss for bacteria!!!
This bacteria production would be confined to the sediments without anaerobic protists that eat bacteria and are in turn eaten by other protists living in the upper levels where oxygen is present. The latter are food for little animals and so on.

There are indeed eukaryotes living in anaerobic habitats? 

Yes thank to a symbiotic event. 
All anaerobic eukaryotes (besides protists there are some fungi) do not possess mitochondria (cellular  respiratory organelles) but possess other organelles of symbiotic origin (on the other end mitochondria too where acquired by symbiosis). These organelles are different from each other and from mitochondria: they have been probably acquired in different ways and in different times to render their hosts able to survive without oxygen. Anyway all started with a symbiotic event!!!

But once again a symbiosis is linked to another.

The majority of anaerobic protists host methanogenic bacteria (i.e. bacteria that produce methane). These bacteria utilize for their metabolism hydrogen accumulated into  hydrogenosomes, (the most common of the organelles mentioned above) enhancing in this way the metabolic efficiency of the host.
Perhaps it  is useful to remember that methane  formula is CH(C= carbonium and H = hydrogen) so for methanogenic bacteria is very convenient to have a  hydrogen reservoir at their disposal.


Let’s go now in the deep sea where light is completely lacking and photosynthesis is impossible. There is life there? Yes!
 Complex communities can be found at least around hydrothermal vents. These communities are one of the few ecosystems on the planet that do not rely upon sunlight for their energy supply. Chemosynthetic bacteria, i.e. bacteria using the sulfur inorganic compounds coming from the vents for their metabolism, are the energy source. Animals feed directly or indirectly on these bacteria. In the Galapagos region primary production at the hydrothermal vents level is 2-3 times higher than that resulting by photosynthesis in the upper region where sun light arrives.
And  what has symbiosis to do with the life in this extremely particular habitat??
The following are two examples, both based on symbiosis, of different ways taken up by animals living there.
 The first one concerns Riftia pachypila, a huge worm (included in anellida oligochaeta) forming large groups on substrates, especially basaltic ones. Riftia possess a long, thin tube made of chitin and scleroproteins, up to 1.5 m long, covering the fleshy body. Sort of  “ feathers”, showy red-orange colored, can be extruded  from the tube.
Riftia  doesn’t have neither a mouth nor a digestive tract. It contains instead a trophosome , a sort of sack containing a lot of Chemosynthetic sulfur oxidizing bacteria i.e. bacteria which, for their metabolism, need sulfur and oxygen. The latter two gas, however, tend to be mutually exclusive as sulfides spontaneously oxidize.  But Riftia provides both elements to their symbionts! Indeed this worm possess two types of emoglobin: the first one binds oxygen (like the emoglobin in our blood) while the other binds sulfide. In this way trough the circulatory system bacteria, on which adult worms depend for sustenance,  are….served.





                                          Riftia pachypila


Then,  very near to the hydrothermal vents, where temperature is very high, lives Alvinella pompejana, the Pompeii worm, considered one of the most heat-tolerant animals on earth as it bears up to 90 C°. Differently from Riftia, Alvinella is equipped with  mouth and digestive tract and does not host symbionts inside. Their back however is covered by bacteria. Living in a symbiotic relationship, the worms secrete mucus from tiny glands on their backs to feed the bacteria, and in return, they are protected by some degree of insulation. The bacteria have also been discovered to be chemolithotrophic, contributing to the ecology of the vent community.





                                            Alvinella pompeiana



Did you notice that in all the symbiotic relationships I have referred microorganisms (prokaryotes or eukaryotes) are involved?
Thanks to the USA scientist Lynn Margulis, unfortunately recently dead, the relevant role played by microorganisms in evolution and life maintenance is now recognized at every level.

Even we, human beings, that consider ourselves higher organisms, depend on symbiotic bacteria. Consider for example the so called bacterial flora comprising a lot of different microorganism species able to decompose materials like cartilage an cellulose that our enzymes cannot digest. Moreover these bacteria synthesize vital substances like K vitamin, important for blood coagulation.




lunedì 30 gennaio 2017

IL PRIMO INQUINAMENTO ILLUSTRATO















LA VITA PERO' C'ERA GIA'......        
SOTTO FORMA DI BATTERI             
                           CIOE'                             
MICRORGANISMI UNICELLULARI
                 PROCARIOTICI