Da
quando Darwin ha pubblicato la sua opera “L’origine della specie” sono passati
160 anni. Durante questi anni nel campo della biologia sono state acquisite
moltissime e fondamentali nuove conoscenze che hanno, da un lato, contribuito a
dare maggior credito alla teoria darwiniana e dall’altro a modificarla,
integrarla, in altre parole ad “evolverla”. Partendo da studi significativi
basati su scienze diverse vedremo che, come l’evoluzione naturale, l’evoluzione dell’evoluzionismo procede per
gradi, un po’ a tentoni, si muove in direzioni diverse, ed è tutt’altro che
conclusa.
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Prima di iniziare la mia chiacchierata vorrei chiarire il significato
che intendo dare alle parole evoluzione ed evoluzionismo.
Evoluzione è un termine che può essere usato
in vari contesti e a cui viene in genere
attribuita una connotazione positiva. La stessa evoluzione biologica non sfugge
a questo fraintendimento, dandosi per scontato che essa costituisca un
“progresso” che avrebbe nell’uomo il suo culmine, il suo nobile punto di
arrivo. Come se tutti gli altri organismi, anche quelli che consideriamo più
semplici, non avessero continuato ad evolversi!!
In
senso lato invece “evoluzione” significa semplicemente cambiamento, cambiamento tout court ( come diceva il mio professore
in tempi in cui si usavano più francesismi che inglesismi).
Bisogna inoltre tenere presente che per
l’evoluzione biologica non sono significativi i cambiamenti a cui va incontro
un singolo individuo ma quelli che riguardano una intera popolazione.
Forse la definizione che rende meglio l’idea
è la seguente:
L’evoluzione
biologica è il cambiamento delle proprietà distintive degli organismi di una
popolazione che supera il tempo vitale di un singolo individuo.
Cambiamenti evolutivi sono quindi quelli
ereditabili da generazione a generazione.
Con il termine evoluzionismo si intende invece l'insieme delle teorie filosofiche e scientifiche che ammettono
l’evoluzione. Non va quindi semplicemente
considerato, come spesso si fa, sinonimo di Darwinismo.
Che ci sia stata e che, ovviamente, sia
ancora in corso un evoluzione degli esseri viventi è un dato accettato ormai
dalla stragrande maggioranza degli scienziati, anche se ci sono ancora sacche
di resistenza. E’ vero però che questa è una affermazione ancora teorica è cioè
“ un concetto basato su molte prove e osservazioni che non sono state finora
smentite” a cui manca però una definitiva
prova sperimentale.
E’ come un processo indiziario e non probatorio.
Comunque anche se già
filosofi dell’antichità come Anassimandro e
Aristotele avevano introdotto i concetti
di trasformazione e divenire degli esseri viventi, una prima teoria evoluzionistica fu concepita nel XIX secolo da Jean Baptiste Lamarck che ipotizzava che tratti "necessari"
venissero ereditati col passaggio da una
generazione alla successiva e che “Tutto in natura si trasforma nel tempo; gli organismi
fanno parte della natura; dunque anche gli organismi si trasformano nel
tempo (e se questa non è Evoluzione!)
Ma Lamarck viene citato
quasi esclusivamente per “il collo della giraffa”. Mentre pochi sanno che anche
Darwin era un sostenitore sia dello sviluppo dell’organo in base al suo uso,
sia dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti: nel diciannovesimo secolo non si
sapeva ancora niente di genetica , di DNA ecc.
Comunque il più noto e
grande evoluzionista è senz’altro Darwin.
L'enunciazione
della sua teoria consta di due parti:
La prima parte dichiara che tutti gli organismi oggi
viventi sulla Terra derivano da un gruppo primitivo di organismi,
"
Da questo comune
ancestore (o ancestori) le varie linee si sarebbero poi distaccate in tempi
diversi ed indipendenti procedendo separatamente nella loro evoluzione.
Questa “monofilia” degli esseri viventi è oggi avvalorata
dai dati ottenuti in diverse discipline biologiche e si parla di albero
dell’evoluzione, non più di scala. Darwin preferiva l’immagine del corallo perché renderebbe meglio tanto l’irregolarità della
ramificazioni quanto la distinzione tra le specie estinte (le parti
pietrificate del corallo) e le specie viventi. L’ ancestore viene definito con
l’acronimo inglese che in Italiano si legge LUCA
Il secondo pilastro della
proposta di Darwin è che:
L'intera
differenziazione e produzione di tante specie diverse in tutto il mondo è il
risultato di due soli fenomeni biologici: la
continua produzione di varianti in tutte le popolazioni e in ogni generazione,
e l'azione della selezione naturale.
Dunque secondo Darwin in tutte le popolazioni c’è
“continua produzione di varianti che definisce ineliminabili
e casuali”.
Ineliminabili visto che si
presentano sempre e comunque
Darwin non poteva sapere perché, e non poteva neanche
sospettarlo, con le conoscenze che si possedevano a quel tempo, e basava questa
affermazione sulla sua grande abilità di osservatore..
Casuali. Perché
avvengono senza una direzione, una
preferenza o una tendenza verso un fine particolare.
Sulla variabilità interna alle specie, riconosciuta come
abbiamo visto, sia da Lamarck che da Darwin, agisce la Selezione Naturale che condiziona i tempi, i modi e, nel suo insieme, il senso
del processo evolutivo operando su una
determinata popolazione, in un determinato ambiente, in un tempo determinato.
Affermare, come spesso si fa, che la selezione naturale
premia il più forte nella lotta per la sopravvivenza non rispecchia il pensiero
di Darwin.
Infatti
la vera competizione” non è tra gli
individui più forti o dotati, bensì tra
i più prolifici. Darwin usava e
tutt’oggi si usa il termine “fitness”.
In altre parole,
se in un determinato ambiente, ad ogni generazione, gli individui portatori di
caratteristiche diverse dal resto della popolazione che producono
sistematicamente un maggior numero di discendenti, potranno esser “premiati”,
senza che questo sottenda di per sé il miglioramento o il peggioramento della
specie
È
opportuno specificare che il concetto di ambiente include le caratteristiche fisiche,
chimiche del luogo in cui vive la specie ma anche quelle biologiche (presenza o
assenza di predatori, di parassiti ecc.).
Con il
passare delle generazioni, le popolazioni si trasformeranno in specie. A volte
è tutta la popolazione che si trasforma: la specie vecchia scompare per
lasciare il posto a una nuova, altre volte
la nuova specie convive con quella
di partenza.
Quindi la speciazione è il nucleo centrale,
l'evento base dell'evoluzione.
Ma con piccole
variazioni e attraverso la selezione naturale non si spiega facilmente la
cosiddetta macroevoluzione. Infatti
con questi meccanismi una specie non può cambiare del tutto la struttura del
proprio corpo, struttura che Darwin definiva "unità di tipo",
Il
gradualismo evolutivo cioè il processo di trasformazione nel tempo dalle prime
forme di vita a tutte quelle attuali è stato ed è ancora, come vedremo, oggetto
di discussione.
Dalla fine del 1800 la scienza ha fatto progressi da
gigante .
Primo fra tutti va ricordato Mendel che ha dimostrato sperimentalmente
l’ereditarietà dei caratteri. Poi Morgan e la sua scuola che con esperimenti
sulla Drosophila hanno scoperto che i caratteri derivavano da fattori (i geni)
situati sui cromosomi, fattori che possono andare incontro a mutazioni.Poi Dobzanski ecc.
Huxley 1942 conia termine sintesi moderna ( diapositiva)
La sintesi moderna salva,
in definitiva, la sostanza del darwinismo dandole anzi una maggiore base
scientifica, avvalorata anche dalla successiva scoperta del DNA. Così la
variazione genetica delle popolazioni naturali viene prodotta dalle mutazioni geniche cioè errori della replicazione del DNA che
sono inevitabili e casuali in quanto avvengono senza una direzione, una preferenza o una tendenza verso un fine
particolare. Inoltre le combinazioni geniche possono variare grazie alla
ricombinazione genetica che avviene durante il “crossing over”. Su queste variazioni agisce la selezione
naturale con l’aggiunta di altri meccanismi come la deriva genetica e il flusso
genico capaci di favorire la speciazione che come per Darwin è l’evento
fondamentale dell’evoluzione. E la macroevoluzione?
La sintesi moderna, via via
integrata sulla base di nuove conoscenze, è ancora la teoria più diffusa..
Ne sono state proposte delle altre che più che
vere novità sul campo, sono speculazioni che, senza intaccare in profondità
l’ossatura del Darwinismo e della Sintesi moderna, ne interpretano diversamente
aspetti particolari, a cominciare dalla
“casualità”.
Tra queste ricordiamo:
Neutralismo ( Motoo Kimura,1993)Non esclude il ruolo della selezione naturale,
ma estende l’importanza di altri fenomeni di
natura genetica che rendono ancora più casuale
il procedere dell’evoluzione.
Autoregolazione (Kauffman, 2000). Afferma che l'ordine può sorgere
spontaneamente in situazioni insospettate, e che l'auto-organizzazione è uno
dei grandi principi che regolano
la natura.
Il gene egoista, (Dawkins,
1986) Anche se i risultati viventi della
selezione naturale
ci danno un'impressione dell'esistenza di un disegno intenzionale; che alla
base
della complessità della natura vivente ci sia un disegno intenzionale, è
però solo un'illusione
Disegno intelligente. Afferma invece che
sono necessarie cause intelligenti per
spiegare le strutture complesse della biologia.
Gaia. Esiste una correlazione biunivoca (cioè nei due sensi) tra organismi e ambiente.
Maggiore attenzione
merita, invece la teoria degli
equilibri intermittenti che fa proprie in particolare le indicazioni,
spesso trascurate, di una paleontologia in rapido sviluppo.
Questa teoria, enunciata da due grandi paleontologi, Stephen Jay Gould e Niles Eldredge nel
1972, mette in discussione proprio il gradualismo
darwiniano, sostenendo che "l'evoluzione fenotipica si concentra in eventi relativamente brevi di
attiva e rapida trAsformazione a carico
di piccole popolazioni marginali; seguiti da intervalli molto più lunghi di
"stasi evolutiva".
La speciazione non maturerebbe linearmente, bensì, per
così dire, a salti: per singoli episodi, approssimativamente compresi tra i
10.000 e i 100.000 anni; laddove una determinata specie può sopravvivere senza
variazioni apprezzabili fino da 5
a 10 milioni di anni.
Secondo
questa teoria la microevoluzione non vale a spiegare la macroevoluzione:
trattandosi di due fenomeni co-esistenti ma diversi. Più precisamente:
l'evoluzione "darwiniana" esiste e si manifesta effettivamente al
livello delle popolazioni e delle specie, avendo tuttavia un ruolo
prevalentemente stabilizzatore; mentre
la macroevoluzione avverrebbe in assenza di competizione e di selezione
naturale
Ma anche il saltazionismo non spiega come siano avvenuti i cambiamenti strutturali che
hanno portato a salti evolutivi più
macroscopici.
Lo sviluppo della biologia molecolare con la conseguente
sempre maggiore conoscenza del DNA e del suo funzionamento ci ha fornito
qualche informazione in proposito.
Ci si è resi conto che i
geni non sono tutti uguali. Si è appresa, per esempio, l'esistenza di geni che
occupano un posto privilegiato nella gerarchia genica e «comandano»
letteralmente battaglioni di altri geni. Quando un gene di questo tipo viene
attivato, attiva in automatico un gruppo di geni e contemporaneamente inibisce
l'attività di un altro gruppo agendo da “Master Control Gene” ovvero da
gene regolatore di alto livello
gerarchico. Il suo prodotto proteico funziona come «interruttore molecolare” capace di “accendere” certi geni e di
“spegnerne” altri che funzionano da operatori.
La mutazione
di uno di questi geni può avere
effetti diversi: microscopici o macroscopici, con tutti i gradi intermedi.
……. Inoltre, lo stesso gene regolatore può controllare molte strutture o
funzioni diverse cosicché una sua mutazione può avere, effetti multipli. Quella mutazione può rappresentare un
evento in grado di determinare la comparsa o la scomparsa di ali o di zampe; la
crescita esponenziale di specifiche parti del corpo insieme alla cancellazione
di altre; la trasformazione di un organo
in un altro.
Anche le associazioni tra organismi
diversi, cioè le simbiosi, hanno avuto ed hanno un ruolo, per altro
spesso sottovalutato, nei processi
evolutivi, e in particolare in quelli macroevolutivi. La simbiosi comporta
infatti, mediante l’interazione di
organismi diversi, l’acquisizione di
nuove strutture o di nuovi metabolismi
L’acquisizione di queste nuove caratteristiche può, dunque, costituire il
fattore scatenante di salti evolutivi anche di grande portata (macroevolutivi
appunto), in tempi anche molto rapidi. Quando negli anni 70 la scienziata americana
Lynn Margulis ha proposto questa idea è stata accolta con una certa sufficienza
“ l’evoluzione al femminile basata sulla cooperazione anziché sulla
competizione. Oggi è certo che la simbiosi ha
svolto un ruolo decisivo in salti evolutivi basilari, come la nascita
della cellula eucariotica, l’origine della pluricellularità e la colonizzazione
degli ambienti terrestri da parte delle piante. Inoltre la simbiosi può
favorire un altro meccanismo che può produrre novità:il trasferimento genico
orizzontale. Fino a qualche anno fa si pensava che questo fenomeno fosse
esclusivo dei procarioti; ma molte
evidenze mostrano ormai che può essere
avvenuto anche tra procarioti ed eucarioti, nei due sensi.
Tutto torna quindi:
conosciamo anche i meccanismi della macroevoluzione!!!
Ma probabilmente c’è dell’altro.
Negli ultimi decenni si sono raccolte sempre più evidenze
che il
comportamento dei geni può cambiare radicalmente anche senza alterazioni della
sequenza del DNA.
È nata così una nuova scienza:
l’epigenetica cioè una branca della
genetica che studia i cambiamenti chimici che influiscono
sull’espressione dei geni senza alterarne la sequenza.
Le variazioni epigenetiche, dette
epimutazioni, durano per il resto della vita della cellula e possono trasmettersi
a generazioni successive delle cellule attraverso le divisioni cellulari, senza
tuttavia che le corrispondenti sequenze di DNA siano mutate; sono quindi
fattori non-genomici che provocano una diversa espressione dei geni
dell'organismo.
Le epimutazioni sono indotte dall’ambiente interno o esterno.
Ci sono sempre più studi che dimostrerebbero
la ereditarietà delle epimutazioni, anche
da una generazione all’altra.
.
Che Lamarck avesse ragione?
Vista
in questa nuova luce l’evoluzione non sarebbe frutto del caso ma della
collaborazione tra vita e ambiente. (ricordate Gaia?).
.Naturalmente con il progredire delle varie discipline e con una loro
sempre maggiore integrazione potremo ottenere un quadro sempre più chiaro del
fenomeno dell’evoluzione, un fenomeno estremamente complesso che risulterebbe
quindi da un’armonica compresenza di tanti fattori cooperanti.
Secondo prestigiosi fisici come Antonino Zichichi, dato che non esiste un'equazione matematica
dell'evoluzione delle specie animali, l’evoluzionismo non
sarebbe una vera scienza non essendo fondato sul metodo galileiano retto sulla
matematica. Ma a mio parere è tutto ciò che riguarda la vita, quindi l’intera
biologia che, almeno per quello che sappiamo ora, sfugge alle leggi e alle
formule che vogliamo imporle..