i foraminiferi

giovedì 23 gennaio 2014

La divisione cellulare: mitosi, meiosi.....che confusione


    So per esperienza (ho tenuto per vari anni il corso di Biologia generale per scienze Naturali, quasi sempre il primo esame che gli studenti tentano), che non è facile orientarsi tra le due modalità  di divisione cellulare e soprattutto comprenderne bene le diverse conseguenze.
Quindi cercherò di illustrarle qui nel modo più semplice possibile.

     Dunque, innanzitutto bisogna sapere che:

 1)  Mitosi e meiosi sono modalità  di divisione  delle cellule eucariotiche, quelle con il DNA racchiuso in un nucleo.

2) Nella maggior parte degli organismi pluricellulari, anche in quelli strutturalmente più semplici, si distinguono cellule “vegetative o somatiche”cioè cellule che, per così dire, lavorano nella vita di tutti i giorni  e cellule germinali con funzione esclusivamente riproduttiva.

3)  Le prime si dividono per mitosi anche se, spesso, sono così specializzate per compiere una determinata funzione, che perdono la capacità di dividersi. Le seconde si dividono per meiosi.
                                   
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Non è mia intenzione descrivere qui i due processi nelle loro varie fasi, a ciascuna delle quali corrispondono difficili nomi derivati dal greco che potete trovare anche sui libri delle elementari, ma che (sempre in base alla mia esperienza di docente) impegnano talmente gli studenti per memorizzarli da far perdere loro di vista il significato dei processi stessi. E’ invece  proprio quest’ultimo aspetto che cercherò qui di illustrare.

 
Allora , basta con le chiacchiere e cominciamo.
Mitosi:
    all’inizio della mitosi il DNA si organizza in cromosomi che, visti al microscopio, appaiono come bastoncelli di varia forma e lunghezza. Il numero e la forma dei cromosomi sono tipici di ciascuna specie. Sono però sempre in numero pari perché ogni cromosoma è presente in duplice copia: ci sono quindi coppie di cromosomi omologhi (vedi poi alla meiosi perché si dice omologhi e non uguali anche se strutturalmente lo sembrano). Prima della divisione i cromosomi si duplicano. In questa fase al microscopio appaiono divisi in due rametti detti cromatidi che, poi, si separeranno migrando nelle due cellule figlie in modo da ricostruire in ciascuna il patrimonio genetico tipico della specie.

Risultato della mitosi:




due cellule con un patrimonio genetico uguale tra loro ed identico a quello della cellula madre. (nella figura per semplicità è considerata una sola coppia di cromosomi omologhi)

La mitosi entra in gioco durante lo sviluppo e nella crescita degli organismi, nonché nella sostituzione di cellule o nei processi di riparazione e rigenerazione, e nella riproduzione asessuale negli organismi che ne sono capaci.
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 Meiosi:      Ben più complesso è il processo della meiosi che avviene non in una ma in due divisioni successive. Come detto sopra è tipico delle cellule riproduttive e, pur assicurando la presenza di tutti i geni nei prodotti finali, dimezza il numero dei cromosomi (la cui organizzazione è anche in questo processo il primo passo).
Ovviamente il dimezzamento non avviene a caso!

 La maggior parte degli organismi, almeno quelli animali, sono diploidi, perché, come detto sopra,  hanno due copie di ogni cromosoma. Le due copie però non sono identiche (per questo nella figura sono state indicate con colori diversi), sono invece omologhe.  Cioè portano gli stessi geni ma in varianti diverse. Vediamo se riesco a spiegarmi meglio con un esempio pratico: 
prendete due mazzetti di carte da gioco di seme diverso (ad esempio picche e cuori) che vanno dall’1 al 10. Mescolatele e poi ridividetele, senza tener conto del seme ma in modo che in ogni mazzetto i valori vadano sempre dall’1 al dieci. Avrete così due mazzetti uguali per i valori e la loro posizione ma diversi per la distribuzione di picche e cuori: due mazzetti omologhi appunto.
                                                     

    All’inizio della prima divisione meiotica i due cromosomi omologhi si avvicinano, già  divisi ciascuno in due cromatidi. Questa vicinanza permette loro di scambiarsi dei pezzi (si rimescolano le carte!). Questo processo si definisce con il termine inglese crossing over. 
 Alla fine di questa prima divisione i cromosomi omologhi si separano e se ne vanno ciascuno in una cellula figlia. Risultato: due cellule con una sola copia di ogni cromosoma, ma ancora ciascuno con due cromatidi che possono ora essere diversi tra loro

   I cromatidi si separeranno poi nella seconda divisione a cui andrà  incontro ciascuna delle due cellule.

 
Risultato finale della meiosi:

4 cellule aploidi (con un cromosoma per ogni coppia e quindi una sola copia di ogni gene) tutte diverse tra di loro grazie al rimescolamento che si è avuto nella prima divisione.
      Queste cellule sono pronte per unirsi con cellule che hanno subito lo stesso processo, prodotte da un organismo della stessa specie ma di un altro sesso, cioè per la riproduzione sessuale.

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    Dalla fusione delle due cellule (gameti) deriverà una cellula diploide, in cui i cromosomi omologhi di ciascuna coppia provengono uno da un genitore ed uno dall’altro.  Questa cellula, detta zigote, attraverso successive divisioni mitotiche,  darà  origine ad un nuovo individuo con una combinazione genica unica, diversa da quella dei genitori e degli eventuali fratelli. Ecco perché ognuno di voi somiglia ai propri genitori e ai propri fratelli ma non è uguale a loro (a meno che non abbiate un fratello gemello monozigote, nato cioè dallo stesso zigote).

Quindi:

  Ogni individuo derivato dalla riproduzione sessuale è diverso dagli altri, è unico.

    Questo vale anche per le piante quando si riproducono sessualmente e per i piccoli animali che a noi sembrano tutti uguali.
     Fate una prova:
quando andate al mare raccogliete lungo la spiaggia conchiglie di arselle (telline o come altro le chiamate) e confrontatele tra loro. Vedrete che, per quanto abbondante sia la raccolta, non ne troverete due identiche!

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Concludendo


La meiosi, abbinata alla riproduzione sessuale, è fonte di variabilità  genetica perché, anche se non utilizza nuovi geni, rimescola quelli disponibili in modo sempre diverso

 Questa variabilità permette ad ogni specie di sopravvivere anche in condizioni ambientali  che variano.

giovedì 16 gennaio 2014

La dura vita del parassita

LA DURA VITA DEL PARASSITA

          I parassiti sono organismi che traggono vantaggio a spese di un altro organismo (l’ospite), non solo non dandogli niente in cambio ma creandogli anche un danno biologico (a differenza dei simbionti mutualistici che si aiutano a vicenda ,vedi post: insieme si può). 

        Sono dei furbastri egoisti quindi, che amano la vita comoda. Specialmente i parassiti interni, quelli che vivono all’interno dell’ospite non si devono preoccupare di variazioni di temperatura, di mancanza di acqua e scarsezza di cibo: l’ambiente interno di un organismo è mantenuto stabile dall’organismo stesso!

Però anche la vita dei parassiti non è tutta rose e fiori.

     Prima di tutto i parassiti devono imparare a tenere a bada la loro voracità: se danneggiano l’ospite fino a farlo morire in breve tempo restano a bocca asciutta! 
     Poi, siccome per ridurre la concorrenza con altri parassiti molti di loro si sono specializzati per sfruttare un certo ospite e non altri, hanno il problema di trovare e assicurare l’ospite giusto anche per la discendenza.
Per questo la maggior parte dei parassiti producono una enorme quantità di discendenti in modo da aumentare la possibilità che almeno una parte di essi incontri l’ospite adatto. Ma anche riprodursi molto costa energia!

        Spesso poi i parassiti hanno cicli vitali complessi che prevedono il passaggio in due o più ospiti diversi: nell’ospite detto intermedio, che è in genere il più danneggiato, si riproducono asessualmente per aumentare rapidamente il numero degli individui, mentre nell’ospite definitivo si riproducono sessualmente. Le uova fecondate o le larve che derivano dalla riproduzione sessuale devono poi, almeno in molti casi, essere emesse all’esterno per incontrare l’ospite intermedio e ricominciare il ciclo.
     Quindi oltre alla difficoltà di sopravvivere in un ambiente variabile,  nasce un nuovo duplice problema: come fare a passare da un ospite all’altro e come fare perché la progenie trovi l’ospite intermedio?

      Nel corso dell’evoluzione i parassiti si sono inventati di tutto 
per esempio:

    Il trematode Dicrocoelium riesce addirittura a modificare il comportamento delle  formiche che li ospitano costringendole ad attaccarsi con le mandibole a ciuffi d’erba in modo da essere più facilmente divorate dalle pecore. Le pecore, che sono l’ospite in cui il Dicrocoelium si riproduce sessualmente, poi ne emettono le larve insieme alle loro feci e nuove formiche si infetteranno.

    Il trematode Leucochloridium invece non modifica il comportamento delle chiocciole in cui si instaura, anche se occupa più di metà dello spazio entro il guscio, ma provoca una appariscente deformazione, appariscente  nel vero senso della parola! Si tratta infatti della deformazione delle antenne che sostengono il bulbo oculare della chiocciola le quali diventano grossissime e presentano delle strisce vistosamente colorate che le fanno assomigliare a dei bruchi. Questo rende le chiocciole più visibili ed appetibili per gli uccelli, che sono l’ospite definitivo del parassita.  Così gli uccelli ghiotti di bruchi scendono a terra e divorano la malcapitata chiocciola, anzi spesso divorano solo l’antenna lasciando viva ma molto malconcia la povera proprietaria. Con questo stratagemma i trematodi possono più facilmente completare il loro ciclo vitale e colonizzare nuovi ambienti: da soli o con le lumache andrebbero poco lontano! Con gli uccelli invece possono girare il mondo.

Per maggiori dettagli: www.L'orologiaio miope.com da cui è presa l'immagine, con molti ringraziamenti.




Le antenne di una chiocciola infestata dal   Leucochloridium paradoxum




Ma non crediate che una volta trovato un equilibrio tra le proprie necessità e la sopravvivenza dell’ospite, nonché aver trovato un sistema per facilitare il regolare svolgimento del ciclo, il parassita possa stare tranquillo e crogiolarsi in una vita beata: eh no!

Gli ospiti infatti non stanno lì a subire e basta. Cercano di difendersi, di trovare qualche trucco per rendere il rapporto col parassita meno dannoso. Così nel corso dell’evoluzione si svolge una sorta di "gara" in cui ogni specie coinvolta lotta per stare al passo, o per superare, l'altra. Come avviene nel rapporto preda predatore.
       Basti citare, a titolo di esempio, il caso di granchi predatori che riescono a rompere il solido  guscio di  certe  chiocciole terrestri  con le loro robuste chele. Prima dell'evoluzione di questi granchi la maggior parte delle chiocciole presentava gusci assai più fragili; ma la comparsa  dei granchi predatori le ha spinte a rinforzare l'esoscheletro, in parallelo al progressivo irrobustirsi delle chele dei predatori, in una lotta per la sopravvivenza. Oggi, dopo oltre 100.000.000 di anni, sono notevolmente aumentati, sia lo spessore medio del guscio delle chiocciole che la potenza e lo spessore delle chele dei loro predatori.