I protisti:
cellule e organismi.
Subito
dopo la laurea in biologia, che ho conseguito presso l'Università la Sapienza di Roma circa
cinquanta anni fa, ho ottenuto una borsa di studio all'Istituto Superiore di
Sanità dove ho appreso le tecniche di microscopia elettronica. Si trattava
allora di una tecnica nuova, all'avanguardia che permetteva per la prima volta
di "entrare" all'interno della cellula ed esaminarne in dettaglio
tutte le strutture. Quando poi sono approdata all'Università di Pisa, grazie
all'esperienza raggiunta nella nuova tecnica, sono entrata a far parte della
squadra del professor Renzo Nobili che mi disse subito "Qui
studiamo i protozoi". Io ho
risposto " Non c'è problema, dopotutto sempre cellule sono".
Poi
però mi sono resa conto che i protozoi (il termine protisti non era stato
ancora introdotto) sono molto di più che cellule: sono organismi completi e
complessi!
Infatti la loro unica cellula non solo deve svolgere
tutte le funzioni vitali delle cellule eucariotiche ma deve anche recepire e riconoscere gli stimoli provenienti
dall'ambiente esterno, dagli altri organismi con cui vengono a contatto;
elaborare risposte diverse per ognuno di essi, procurarsi energia,
riprodursi…………e scusate se è poco!
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Prendiamo
ad esempio il Paramecio, che viene citato anche in
molti libri delle elementari, e vediamo cosa sa fare…….
1) Si muove efficientemente
grazie alle ciglia, appendici cellulari "inventate" dai protozoi
ciliati a cui il Paramecio
appartiene, ma presenti con la stessa struttura anche in molte cellule del
nostro corpo che le usano per scopi diversi. Le ciglia battono l'acqua come
piccoli remi flessibili e il loro battito può variare in frequenza e direzione,
permettendo al Paramecio di procedere
a diverse velocità e, se incontra un ostacolo, fare retromarcia e ripartire in
un'altra direzione.
2) Come tutti i Ciliati il Paramecio è
eterotrofo cioè per procurarsi energia deve mangiare, proprio come gli animali.
Ma per mangiare ci vuole una bocca, direte voi: ebbene il Paramecio ne possiede
una che si chiama citostoma (cioè bocca cellulare) ed è situata in fondo a una depressione
della superficie a forma a imbuto e rivestita, appunto, di ciglia. Naturalmente
la bocca non è una vera apertura dalla
quale potrebbe uscire il citoplasma; è piuttosto una piccola zona delimitata
dalla sola membrana plasmatica (quella che riveste tutte le cellule), mentre
tutto il resto della superficie presenta membrane aggiuntive che conferiscono
rigidità. Quando il cibo, spinto dal battito delle ciglia raggiunge il
citostoma, la membrana si gonfia verso l'interno come un palloncino accogliendo
cibo e acqua. Quando il palloncino è gonfio abbastanza, si stacca e si sposta
verso l'interno, mentre comincia a formarsene un altro. Il "palloncino",
che ora possiamo chiamare vacuolo alimentare, viene via via raggiunto da
piccole vescicole che riversano al suo interno enzimi digestivi, non molto
diversi dai nostri. Così mentre il vacuolo si sposta nel citoplasma il cibo al
suo interno viene digerito e assimilato. Il materiale residuo verrà poi
eliminato attraverso un'altra piccola zona specializzata detta citopigio.
Quindi abbiamo un vero e proprio
apparato digerente, che si forma quando serve, completo di bocca e ano. Le
membrane dei vacuoli svuotati vengono poi riciclate per formare i vacuoli
nuovi. C’è perfino un apparato escretore (il sistema del vacuolo pulsante) per
espellere acqua e Sali in eccesso.
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Disegno schematico di Paramecio |
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Vacuoli digestivi di Paramecio con batteri (sezione al microscopio elettronico) |
3) Ma cosa mangia il Paramecio? Mangia batteri e protisti autotrofi detti anche microalghe; lo possiamo paragonare agli animali erbivori! La maggior parte delle specie di Paramecio sono d'acqua dolce, un ambiente molto variabile in cui il cibo può venire a mancare. Così alcune di esse hanno imparato a metterlo da parte: alcuni vacuoli non vengono raggiunti dagli enzimi digestivi e le microalghe, che restano vive al loro interno, possono anche riprodursi perché il loro ospite cercherà di esporle alla luce per favorirne la fotosintesi. In questo modo, quando il cibo viene a mancare, il nostro previdente protozoo può digerire le alghe che ha allevato o semplicemente sfruttare i prodotti della loro fotosintesi. In un certo senso da eterotrofo diviene autotrofo.
4) Come la maggior parte degli erbivori il Paramecio può cadere vittima di predatori carnivori (ce ne sono diversi tra i ciliati). Molti di questi attaccano la preda (di cui avvertono la presenza grazie ai recettori di membrana) scagliandole delle "frecce avvelenate" (toxicisti) che la paralizzano prima di ingerirla. Come può difendersi la povera vittima? Se riesce a percepire in tempo la presenza del predatore, può scagliare le sue armi (tricocisti) di per sé non offensive, ma che
estruse tutte insieme
provocano una sorta di "rinculo" che può portarla fuori portata del
predatore.
Nota: toxicisti e tricocisti
sono due tipi di estrusomi, organuli tipici dei protisti e di nessun'altra
cellula eucariote. Possono essere molto diversi tra loro ma hanno in comune la
possibilità di venir estrusi dalla cellula senza danneggiarla.
Paramecio con tricocisti estruse
Il
macronucleo si divide per strozzamento: i geni sono presenti in così tante copie
che, anche se la divisione non è perfettamente in parti uguali, non c'è rischio di perderne qualcuno. La
separazione delle cellule figlie avviene solo dopo che tutte le strutture,
ciglia, citostoma ecc. sono state duplicate. Così ambedue i nuovi individui sono
già pronti e autonomi.
(La ripartizione dei compiti
tra i due nuclei non vi ricorda qualcosa?
A questo proposito potete rileggere il post mitosi e meiosi).
6) Ma i ciliati fanno anche
sesso e il Paramecio non fa eccezione! Non è chiaro in quali condizioni la
"cosa" ,che si chiama coniugazione, avvenga in natura. In laboratorio
viene di solito indotta con un moderato digiuno. La coniugazione avviene solo tra
individui della stessa specie ma non di tutti con tutti! I due coniuganti
devono essere di diverso "mating type", come dire in qualche modo
sesso diverso. Noi non distinguiamo assolutamente gli uni dagli altri ma loro
si riconoscono (sempre mediante specifici recettori di membrana che captano
sostanze prodotte dal mating type complementare). Al riconoscimento segue un
preciso comportamento preconiugativo che i
protozoologi hanno imparato a riconoscere; poi si formano le coppie. Due
individui restano attaccati nella zona della bocca e si forma tra di loro un
ponte di citoplasma. Il macronucleo si disgrega mentre il micronucleo va
incontro a meiosi: è un nucleo che sa fare mitosi e meiosi! Poi uno dei nuclei
aploidi derivati dalla meiosi passa attraverso il ponte citoplasmatico
nell'altro partner dove si unisce con un nucleo aploide lì rimasto stazionario.
Alla fine ognuno dei due individui avrà un nucleo diploide diverso da quello
precedente. A questo punto i due si separano e vanno ognuno per i fatti suoi.
Il macronucleo si formerà in ciascuno di essi dalla divisione del nucleo
zigotico. Due individui erano e due sono rimasti, ciascuno con il vecchio
citoplasma e un patrimonio genetico nuovo. Non si può quindi parlare di riproduzione
sessuale ma di fenomeno sessuale, con rimaneggiamento genico che assicura la
variabilità all'interno della specie.
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